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Roma, Queen Makeda Grand Pub, l’Aventino come New York

1 Gen

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L’Aventino, colle più meridionale dei sette, nulla conserva dell’impronta plebea dei tempi antichi che anzi ora è uno dei quartieri residenziali più ambiti dell’Urbe. La classica birreria irish col football in tv, le olive ascolane e l’erasmus olandese a spinare medie sarebbe stato un affronto olfattivo intollerabile per i residents: infatti l’inedito e altisonante Queen Makeda Grand Pub emerge furiosamente dal gregge della Roma al luppolo.

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Trentotto rubinetti occhieggiano discreti da una nuda parete piastrellata. Cucina a vista, girarrosto con galletti sfrigolanti, bancone con kaiten nipponico (il tapis roulant degli all you can eat, per capirci), due ampie sale in stile industrial.

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Alla moda corrente insomma, una commistione di tutto, un’internazionalità forse eccessiva ma non invadente con birre (e solo birre, lo spritz lo bevete altrove) provenienti da ogni dove, Italia compresa, accompagnate dalla pannocchia del sud statunitense, il pane di segale con salmone scandinavo, lo stinco bavarese, il cous cous marocchino, i burgers yankee e l'(im)mancabile tonnarello per l’inguaribile nostalgico della cucina di mammà.

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Tutto per tutti, quindi, o quasi: i prezzi sono abbordabili, ma la qualità giustamente si paga. Due birre (ottime, spinate come Dio comanda e nel bicchiere giusto) e un abbondante curry d’agnello con riso basmati, 22 euro. Troppo? C’è sempre Trastevere con le Peroni 66(6) e kepap da gustare in riva al biondo Tevere.

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Ah, ma chi era ‘sta Makeda? La regina di Saba, nientemeno. E ora potete portarvela sul divano di casa, comprando una birra imbottigliata da Malarazza per il Grandpub.

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Queen Makeda Grand Pub

Via di San Saba 11, Roma

tel. 06.5759608

www.queenmakeda.it

Nei dintorni

Il Giardino degli Aranci con splendida veduta panoramica di Roma, le chiese di S. Sabina e di S.Anselmo, il celebre buco della serratura da cui si può godere di una strepitosa vista di S. Pietro.

Taste of India, (forse) il miglior ristorante indiano di Roma

6 Lug

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A due passi da Piazza Vittorio, Roma(nia) Caput Mundi, dove i portici torinesi sanno di aglio e peperoncino, c’è il famoso mercato Esquilino, vivace superstite della tradizione romanesca contagiato da odori bengalesi, fruttaroli egiziani e macellai moldavi. Di fronte occhieggia insicuro Taste of India, probabilmente il miglior ristorante indiano della Capitale. Insicuro perché scorrendo le insegne si capisce che il locale vorrebbe essere tutto, gastronomia, bar, ristorante, take away e fors’anche centro massaggi. A un di dentro piuttosto tragico (ma pulito e con cucina a vista) si contrappone un di fuori con tovaglie di carta e sedie color oro immerso nell’enclave multietnica di Roma.

Presupposti non incoraggianti ma cibo eccellente, sicuramente migliore dei ben più titolati concorrenti di piazza Trilussa o via dei Serpenti che, nonostante i salamelecchi, i tappeti e le coppe di rame brunito provocano nel sottoscritto (ma a quanto pare anche in altri), la classica sindrome del Tango postprandiale.

Pani Puri@ Taste of India

Pani Puri@ Taste of India

La sindrome del Tango, precisiamolo, non deriva il suo nome dal ballo argentino, bensì dall’eroico protagonista delle domeniche dei ragazzini anni ’80: il mitico pallone Tango, che dopo una cena da Mother India o simili puntualmente transusta miracolosamente nello stomaco, provocando poi inutili passeggiate aerostatiche e imbarazzanti conversazioni gassose.

Samosa @ Taste of India

Samosa @ Taste of India

Samosa @ Taste of India

Samosa @ Taste of India

Il piccolo, brutto, Taste of India batte i cani di razza con una cucina speziata, sì, ma gustosa e digeribile. A partire dai samosa, proseguendo col pane fritto al burro, le spettacolari polpettine di lenticchie, il chicken tikka e le cotture tandoori.

Curry di manzo @ Taste of India

Curry di manzo @ Taste of India

Prezzi da street food, personale cordiale e solerte, clientela indiana, accettano carte. Chiusura, ovviamente mai.

Curry di gamberi @ Taste of India

Curry di gamberi @ Taste of India

Taste of India

Via Principe Amedeo, 237Roma

Tel: 06.31052726

Sito web: non disponibile

Mezzi pubblici: Metro Linea A, fermata Vittorio Emanuele

nei dintorni: i Giardino di Piazza Vittorio, la Porta Magica, la chiesa di Sant’Eusebio con convento, chiostro e domus sotterranea, il Ninfeo di Alessandro Severo detto Trofei di Mario, il multietnico Mercato Rionale, gioioso e ricchissimo.

 

Roma, da Mezé: (senza) infamia con lode

30 Mar

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Mezé Bistrot, nuova realtà nell’ex sonnolento quartiere Monteverde, promette, nomen omen, cucina mediterranea dal Maghreb alla Siria arricchita da un fendente di italianità. Ambiente “cool” con un tocco vintage: particolari d’annata frammisti a una modernità sobria. Piacevole, nel complesso, ma nulla che si discosti da un ormai già vissuto internazionale meneghino, blasé al punto giusto e con numerosi elementi conformisti del già ormai consumato stile urban che mescola la seduta da mercatino al punto luce industriale (o l’inverso, tanto il risultato è ormai uguale, come il prezzo).

Accoglienza cordiale e servizio informalmente puntuale (previo arrivo in orario nordico durante il week end); cantina adeguata dai prezzi non fastidiosi. La punta di fastidio arriva, però, quando si intuisce che non esiste la classica degustazione di meze: “io l’hummus, tu il tabbouleh e poi dividiamo anche le polpettine di pane raffermo”. Le pita sono servite a parte (e il Dow Jones precipita).

Non esemplare ma gustoso il Pollo di Gerusalemme, arricchito da una farcitura di riso basmati, carne e pinoli. Lacrimevole il Manzo d’Istu: pur ignorando l’onomastica era facilmente riconoscibile la scarpifera consistenza della carne, a rovinare un altresì gradevole intingolo di cipolla, zafferano e curry.  Trenta a testa e passa la paura. Consigliato ai nostalgici “di quel couscous che mangiammo a Marrakech nel ’96…”

Consolante, ma non del tutto,  la confidente ammissione finale del titolare: “Ma questo non è il mio lavoro principale”. Se ve lo dicesse l’idraulico?

Mezé Bistrot

Via di Monteverde 9/b

tel. 06.58204749

aperto la sera dal lunedì alla domenica, sabato e  domenica anche a pranzo

www.mezebistrot.it

email: mezebistrot@yahoo.it

Mezzi pubblici: Stazione Trastevere, 871, 710 – Linea B fermata Metro Piramide 3B/8

Nei dintorni: Parco di Villa Doria Pamphilj (Villa Algardi, giradino segreto, Fontana del Lago), aperitivo al tramonto presso il Vivi Bistrot

Milano, Ristorante Sri Lankese SerendiB, che bella sorpresa!

23 Ott

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La seppur vasta offerta di ristoranti etnici milanese, si divide per lo più in quattro macro aree: cinesi (tradizionali o italianizzati), tex mex (semplicemente evitabili), giapponesi (cinesi o autentici) e indiani (economici o costosi). Tra questi ultimi ho recentemente scoperto una variante molto interessante, il SerendiB, locale che propone cucina dello Sri Lanka, la grande isola indipendente a sud dell’India e un tempo conosciuta come Ceylon.

Il paese, da sempre noto per il suo eccellente the, offre una gran varietà di raffinate proposte gastronomiche, in parte condivise con il subcontinente indiano: pollame, agnello, ceci, lenticchie, melanzane e ovviamente pesce.  SerendiB, aperto nel 1993, è a pochi passi dal marasma degli aperitivi di largo La Foppa (fermata della Metro Moscova, per capirci. In centro storico, se non siete di Milano).

L’ambiente è accogliente, intimo e piacevolmente decorato con opere del paese d’origine: il personale è molto cordiale e la carta offre una panoramica importante di piatti adatti sia ai vegetariani che agli onnivori. Oltre a varie qualità di the si possono scegliere diverse birre sri lankesi, indiane o europee, più una discreta selezione di vini italiani a prezzi ragionevoli.

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dalla pagina facebook di SerendiB

Per i neofiti è consigliabile optare per il menù degustazione, disponibile a 20 euro “all you can eat” (bevande escluse): si possono accettare i consigli dello chef, oppure scegliere i piatti preferiti dalla carta, ad esempio partendo dalle ottime Masvadé, polpettine di carne e legumi in pastella, fritte, oppure le Eloluvadé, la versione con sole verdure, o le Malu vadé, peperoncini verdi ripieni di pesce fritti.

Tra i piatti principali, da provare i gamberi in salsa di latte di cocco speziato su letto di riso Basmati, o il Kukulmas, pollo marinato in salsa di spezie, oppure un classico pollo al curry, magari accompagnato da deliziose patate stufate. Per terminare degnamente un liquore al cocco o al mango, entrambi molto profumati.

I punti a favore sono parecchi: una qualità prezzo che per il centro di Milano è ottima (25-30 euro), un ambiente gradevole, un servizio attento, oltre al fatto che rispetto a numerosi ristoranti indiani già testati, SerendiB offre una cucina più delicata e più facilmente accettabile dai nostri palati poco abituati all’uso massiccio di spezie. L’unica nota non troppo favorevole è data dai tempi di attesa, nonostante il locale non fosse troppo affollato. Ma comunque non stiamo parlando di un fast food. Da provare.

Serendib, Ristorante Indiano & Sri Lankese
Via Pontida 2, 20121 Milano
Tel.: +39 026592139

Aperto tutte le sere dalle 19.30 a mezzanotte.

Consigliata la prenotazione

sito web: www.serendib.it

 

Metropolitana: MM2 (linea verde) Moscova
Autobus: 94, 70, 43, 57 Tram: 2, 3, 4, 7, 12, 14
(fermate Via A. Volta o Largo La Foppa)

Milano: ristorante libano siriano Aladino

15 Giu

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Dimenticate per un attimo i pregiudizi sulla cucina etnica: no, non è detto che sia indigeribile, no, non è detto che l’igiene scarseggi, no, non è detto (purtroppo, ça va sans dire) che sia low cost. La cucina libanese è una delle migliori del panorama mediterraneo, per varietà, complessità, raffinatezza, specialmente se unita ai profumatissimi vini del territorio, tanto ridotto quanto ricco di storia e aromi. Aladino, zona Porta Venezia – Viale Abruzzi, è sicuramente  un eccellente rappresentante della Repubblica che dai monti del Golan si affaccia sul Mare Nostrum (o loro, a seconda dei punti di vista).

Gradita la prenotazione, chiuso al lunedì, posti all’aperto, sabato sera danza del ventre (rigorosamente evitata non per… ma anche no): tavolo fuori e inizio con 12 “mezze” accompagnate da un blanc de blanc Ksara bello secco e ben abbattuto. Tabulé (prezzemolo, cipollotti e menta), hummus, melanzane, riso con foglie di vite e altri antipasti accompagnati da pita calde: tripudio di aromi, spezie (attenzione) ma senza alcun senso di opprimente pesantezza. Si prosegue con pollo e agnello accompagnati da riso aromatizzato con mandorle che potrebbe anche essere accompagnato da the alla menta (potrebbe). Caffé (molto buono per lo standard meneghino), liquore al cedro, leggermente stucchevole per chi ama i distillati ma sicuramente apprezzabile dagli estimatori del limoncello.

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Ambiente discreto e rilassante, anche negli interni: pesanti arredi in legno, pareti bianche e fresche in stile grotta, panneggi e riferimenti mediorientali in accompagnamento. Servizio molto gradevole e piacevolmente insistente: le proposte fuori menù ci sono ma senza coercizioni e il sorriso è garantito sempre. E’ possibile ordinare tra diversi menù (anche completamente vegetariani) oppure a la carte: per un pranzo completo (considerando una bottiglia di vino in due) comunque è difficile spendere meno di 30 euro a testa, ma la soddisfazione è assicurata. Consigliato.

Ambiente: 6,5

Cucina: 8

Servizio: 7,5

Qualità prezzo: 6,5

Ristorante Libanese Aladino

Via Achille Maiocchi, 30

20098 Milano

Tel. 02.29.52.16.08

www.ristorantealadino.it

Milano, via Paolo Sarpi ristorante cinese “China Long”. La sfida dei draghi…

6 Gen

Milano via Paolo Sarpi 42: China Long, solo un civico più in là dagli acerrimi nemici di Long Chan (“long” in cinese vuol dire drago e quindi se la batte con i nostri “gallo d’oro” “angiol’ d’oro” “leon d’oro” etc etc). Divisi da un muro ma uniti dal contendersi la palma del miglior ristorante di Chinatown.

C’era una volta China Long… Purtroppo, dobbiamo aggiornare il vecchio post e comunicare, con grande senso di scoramento, che da alcuni  mesi China Long ha cambiato gestione e la situazione descritta poi di seguito è radicalmente cambiata. Ahimè, non rimane più nulla di quello che ci aveva deliziato nel corso della nostra frequentazione con la mitica “Ramo d’Argento”. Il menù si è goffamente spento in un’insipida banalità: il solito riso, i soliti ravioli e si sono pure riaffacciati i soliti involtini primavera accompagnati dal solito pollo alle mandorle. Peccato davvero. Ma aspettiamo con caparbietà che Yinzhi si faccia viva e dunque di poter nuovamente trovare i sapori a cui ci aveva abituato.

Questo si diceva del precedente China Long…

Difficile, almeno per il mio palato, stabilire un vincitore, ma ultimamente China Long sta guadagnando posizioni: innanzitutto la titolare “Ramo d’Argento” (pare che Anna suonasse troppo banale…) è molto più cordiale dei suoi vicini, che sembrano usciti da un film sulla mafia di Hong Kong. Inoltre, andando con perizia e pazienza a tuffarsi nella vetrina dei vini si riescono a trovare cimeli dimenticati tra un “Mateus” e un “Lancers”, tipo qualche boccia di Hofstatter che viene comunque venduta a prezzi molto vantaggiosi.

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China Long, spaghetti tirati a mano

Dopo alcune scorribande di sondaggio dove mi ero attenuto a civilissimi piatti italo\cinesi (pollo fritto, maiale piccante, spaghetti di soia…) mi sono lasciato tentare da Ramo d’Argento e ho iniziato a far decidere a lei i miei menù. Ho vinto. Trippe di vitello piccanti (molto) e zampe di gallina fritte come antipasto, deliziosi spaghetti di riso fatti a mano (spessi e porosi) con verdure, accompagnati da pollo in brodo di porri e cipollotti. Ora sono pronto per essere iniziato a qualcosa di maggiormente “hard core”, con evidente approvazione della mia maestra.

China Long, manzo freddo

China Long, manzo freddo

Ambiente e servizio sono un contorno: il locale non è ne bello ne brutto, è essenziale; le cameriere conoscono dalle 6 alle 12 parole di italiano (vino, spaghetti, pollo, billa cinese, liso con gambeli e poco altro) e sorridono sempre, anche se rimproverate per averti portato il piatto sbagliato (sconsiglio di farlo). Il resto della clientela è in prevalenza cinese, gli altri sono per lo più hipster, studenti intossicati dagli involtini primavera, coppie di turisti anglosassoni che ti chiedono sconvolte “se questo è il centro”. Per una cena abbondante con vino siamo sui 20 euro a testa.

Sconsiglio di andarci per mangiare le solite cose, tanto sono le stesse (surgelate) che si mangiano negli altri ristoranti, a quel punto vi conviene acquistarle in una delle tante botteghe e di cucinarle direttamente a casa vostra (specialmente se i vostri vicini vi stanno sul culo).

Ambiente: 6

Cucina: 8

Servizio: 6

Qualità prezzo: 7.5

Ristorante Cinese China Long
Via Paolo Sarpi 42, 20154
Milano
Tel:  +39 02.87072866 
Chiusura: mai (ovviamente)

Milano: pausa pranzo low cost a Porta Venezia. Kashmir indian restaurant

24 Dic
foto "survivemilano.it"

foto “survivemilano.it”

 

Milano, Porta Venezia. Discrimine tra la nobiltà del’omonimo corso che porta in San Babila e l’Italia multietnica di Buenos Aires, dove negozi di telefonia si susseguono tra un bar, un “Mc” e un “intimissimi” senza posa fino a Loreto. Terra di confine, culinariamente arida: il Kashmir, striminzito locale indiano a metà strada tra il take away e il ristorante, può essere un’ottima e vantaggiosa alternativa all’orrore di spizzico.

Quattro tavoli, niente tovaglie (nemmeno di carta), tavoli in condivisone, birra Cobra e aroma di curry. Cucina a vista e clientela molto variegata: giovani viaggiatori e anziani single meneghini convivono armoniosamente, specialmente d’estate quando i tavoli all’esterno sono praticabili e lo spazio vitale rende gli umori più malleabili.

Niente di più: veloce, silenzioso e molto economico. Con dieci, massimo quindi euro si pranza più che dignitosamente, magari con samosa (di carne o vegs) molto leggeri, cheese naan (pane al formaggio), un pollo tandoory e riso pulao. Ottimi gli spinaci al formaggio, non male l’agnello, buoni ma leggermente unti i pakora.

Da evitare accuratamente in caso di importanti meeting pomeridiani o dopo aver appena donato due ore al proprio parrucchiere di fiducia. Sconsigliato alle coppie al primo appuntamento. Consigliato agli appassionati della cucina indiana e a coloro che vogliono concedersi una pausa degna di questo nome, evitando il classico “cotto e fontina” consumato appoggiato al bancone di un bar. Ci ho portato svariati amici negli ultimi mesi: quasi tutti mi rivolgono tuttora la parola. Inoltre è sempre aperto.

Ambiente: 5

Cucina: 8

Servizio: 6

Qualità\prezzo: 8
Kashmir Take Away
Via Lazzaro Spallanzani 6
Milano
02 20404734 
Giorno di chiusura: mai

Milano, ristorante indiano Rajput, da 30 anni “tipicamente” meneghino.

1 Dic

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Raccolto ma non claustrofobico, il ristorante indiano Rajput si trova nel centro di Milano a due passi da Piazzale Lavater ma sufficientemente distante dal carnaio di corso Buenos Aires, la cui influenza si fa però tristemente sentire alla settima bestemmia per il parcheggio. Atmosfera intima di luci timide e candele, toni caldi nelle drapperie colorate, divinità nelle nicchie, musica pop indiana forse un pò ingombrante. L’abbiamo provato di sabato alle 21.00, per testarlo al colmo dell’affollamento: siamo comunque stati trattati con cura e attenzione dal sempre impeccabile gestore (durante un naufragio sarebbe l’unico a pettinarsi prima di gettarsi in mare).

La proposta di Rajput è ricca e varia dai grandi classici della cucina indiana nel mondo (curry, tikka, tandoori) che possono accontentare tutti, ma includendo tra i menu piatti speciali della tradizione del Nord, come il Dhansak di agnello o il Jalfrezi (particolare tipo di curry) di pollo.

Per avere una panoramica rappresentativa del locale ci siamo orientati sui menù degustazione, scegliendo sia carne sia pesce.

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Gli antipasti erano composti da Samosa, Pakora e Papad e differivano per la presenza da una parte di Onion Bhaji e dall’altra di Prawn Pakora. In ambedue i casi i fritti erano croccanti e asciutti, saporiti al punto giusto e anche le salse d’accompagnamento non sembravano risalire ai tempi di Nehru (come spesso accade).

Accompagnato dall’immancabile e fragrante Cheese Naan caldo e riso Basmati al vapore, il passaggio successivo prevedeva, nel menù di carne, il Chicken Tandoori, gustoso ma non pesante, e in quello di pesce il Fish Curry che ci è sembrato un po’ più ricco dal momento che probabilmente era stato prima fritto e poi cotto nel curry di verdure. Al posto dei dolci siamo passati direttamente agli amari per chiudere una cena gradevole, senza fronzoli e particolari intoppi, nonostante come già detto fosse giornata particolarmente intensa.

I ristoranti indiani mantengono un posizionamento non proprio economico ma la scelta del menù completo può essere un buon modo per contenere i costi e il Rajput si colloca, almeno per Milano, in una fascia intermedia (comunque dai 30 in su per una cena completa e attenzione al vino…)

Bambee

Rajput

Via Antonio Stoppani, 10

20129 Milano
02 29530274

Giorno di chiusura: MAI

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Trattoria cinese Long Chan, Milano via Paolo Sarpi

23 Ott

Inutile farla lunga. Anche i più reazionari, sciovinisti e conservatori devono cedere alla realtà: i ristoranti etnici fanno parte del panorama gastronomico italiano dell’ultimo ventennio e i cinesi, essendo arrivati per primi, hanno fin da subito conquistato una grossa fetta di mercato, oltre gli immancabili (e talvolta giustificati) pregiudizi riguardanti l’igiene e la provenienza degli ingredienti.

Detto ciò, se non puoi ucciderli fatteli amici. Vi abbiamo parlato di The Corner e del decaduto Ju Bin: oggi ci spostiamo poche decine di metri più in giù, nel cuore di via Paolo Sarpi, la Chinatown italiana, dove tutto si acquista, ad ogni ora, ogni giorno dell’anno.

Al numero 42 troviamo Long Chan, una trattoria ne bella ne brutta: alcuni tavoli fuori, dentro il classico odore di fritto, soia, zenzero e birra. Il menù (spesso come le pagine gialle di Roma da A a L) è diviso in due “piatti cinesi tradizionali” e “cucina cinese italiana”. Così non ci sono dubbi e chiunque è in grado di comprendere che il riso alla cantonese non fa parte della cucina tradizionale cinese, al pari degli involtini primavera e delle nuvole di drago. Se vi piacciono ordinatele pure. Sfogliarlo tutto richiederebbe comunque un pomeriggio, per cui vi consiglio di fare come me e ordinare numeri a caso, per la gioia della piccola cameriera che così si evita finte spiegazioni “come sono le zampe di fenice?” “buone” “ah… perfetto grazie”.

Se siete dei duri potete lanciarvi sulla Zuppa di lingue di anatra, oppure sulle teste di pesce o i piedi di maiale. Io ho preferito lanciarmi su scelte meno hard core e ho ordinato un ottimo manzo ai 5 sapori che altro non è che il classico manzo lesso tagliato sottile e servito con salse: penso sarebbe piaciuto anche a mia nonna, per cui promosso.

Molto buono il maiale con verdure, le polpette fritte di granchio e il granchio con zenzero e cipollotti: in generale ho visto i miei commensali soddisfatti anche perchè da Long Chan non lesinano sulle porzioni e il conto è, se si rimane sul menù cinese, molto basso. Parliamo di 4 euro circa per un piatto, quindi con 20 euro pro capita si organizza un pranzo domenicale di quelli duri. Inoltre permette a ognuno di noi di sfogare per un’ora il proprio desiderio di esotismo e di sentirsi mooolto internazionali, il che è sempre buono per l’autostima.

Posso assolutamente metterlo tra i migliori cinque cinesi di Milano, al pari dei loro vicini, di cui parleremo a breve. Il personale è discretamente cortese, sulla questione della qualità delle materie prime non mi pronuncio, al momento sono ancora qui.

 

Long Chan

Via Paolo Sarpi, angolo Via Aleardo Aleardi 
20154 Milano, 
+39 023311098 

Foto: Rosella Verdiglione via web.stagram.com

JUBIN: l’(EX) miglior ristorante cinese di Milano

4 Set

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Milano, via Sarpi, la China Town italiana, cicatrice dal lindore scintillante tra corso Sempione e i bastioni: i palazzi del neoclassico milanese e le camicie sintetiche, le Cantine Isola accerchiate, in una lotta silenziosa che i ristoranti cinesi hanno vinto da anni. Jubin  è il capostipite di questa ristorazione sinico-meneghina e per anni è stato IL CINESE di Milano: a chiunque chiedessi “dove posso trovare un buon cinese”, la risposta era immediata e teutonica “Paolo Sarpi – Ju Bin”.

Bene, da un po’ di tempo il ristorante si è ampliato e rinnovato, diventando un transatlantico della cucina asiatica: cinese, sushi, sashimi e thai, manca solo il carrello dei bolliti, ma confido che con la stagione invernale si organizzino, così poi per leggere il menù per intero si prenderà una settimana di ferie. Arredi “asian standard” (linee simil giapponesi, bambù, lanterne rosse), centinaia di metri quadri di tavoli, acquari e piante ornamentali, dove interi battaglioni di camerieri marciano senza posa a velocità che farebbero sentire fuori forma anche Bolt.

Onde rimarcare l’avvenuta integrazione interculturale, Jubin ha destinato un grazioso angolo in vetrina a un’enoteca con una selezione di buoni vini da tutte le regioni italiane, dove organizzano anche degustazioni (a prezzi talmente politici da farti venir voglia di sventolare un libretto rosso per solidarietà) e aperitivi. Un prosecco, una fetta di culatello, una scaglia di parmigiano, tavoli all’aperto nell’isola pedonale con più bici che Shangay e dove non si trova per terra una cicca o una merda di cane neanche a pagarle.

Il lato negativo è che la cucina è a mio avviso sensibilmente peggiorata: ravioli al vapore mal scongelati, wan ton saturi di olio, pollo fritto (male) che promette notti incendiarie, riso visibilmente cotto il giorno prima (o due, tre o chissà).

Peccato: finalmente un ristorante cinese con una cantina vera, a prezzi accessibilissimi, che poi scade nel comprensibile peccato di abbassare la qualità. Questo non deve lasciare adito a facili pregiudizi: l’Italia è piena di pizzerie che dopo alcuni anni di onesto lavoro si sono trasformate in fabbriche del sudore cacofoniche e inguardabili ma, stranamente, sempre colme di clienti sorridenti.

Andateci, poi provate questo e ditemi la differenza.

Ristorante Trattoria Cinese Sushibar Jubin

Via Paolo Sarpi, 11 – angolo via Bramante, 20154 Milano

Telefono : 02.33106728 – 02.3490278 – Fax : 02.33609308

CHIUSO IL MERCOLEDI’

www.ristorantejubin.it

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