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Pescheria San Gervasio, la Bologna che (r)esiste.

25 Ago

Evitando le buche più dure e saltellando a zig-zag tra gli immensi lavori del “cantierone” di Via Ugo Bassi ci si imbatte nel Mercato delle Erbe. Una bella struttura ricavata dalla vecchia caserma di San Gervasio sulla pianta dell’antica chiesa dei S.S. Gervasio e Protasio, attualmente rianimata da diverse botteghe dotate anche di cucina.

Ma per l’assolata giornata estiva che esigeva posti all’aperto e per le proposte del menù e l’accogliente dehors, la nostra attenzione è stata richiamata dalla Pescheria San Gervasio, proprio adiacente al mercato.

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In cima a qualche scalino consunto e sotto un bel portico, uno dei tanti suggestivi della città, arrampicati sugli sgabelli e circondati dall’operoso andirivieni dell’antistante mercato ci siamo concessi un aperitivo in calice gentilmente accompagnato da qualche tapas in bicchierino, alici sott’olio (buonissime), mini peperoni ripieni e tocchetti di feta condita.

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L’interessante carta dei vini e il menù di fresco del giorno hanno fatto il resto, convincendoci di rimanere anche per il pranzo.

Assistiti dai modi schietti e decisi della titolare, occhi chiari e profondi che non permettono di titubare, abbiamo fatto la nostra rapida e convinta scelta. E per fortuna, dal momento che il locale si è riempito subito, animandosi di “comande” e chiacchiericci rilassati del sabato mattina.

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Alici fritte, appena infarinate e tuffate nell’olio bollente, croccanti e freschissime come le deliziose polpettine di pesce.

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Guazzetto di polpo con cous cous dal gusto deciso ottenuto senza inutili aggiunte di sapori, piatto appena appena un po’ asciutto ma assolutamente genuino e gradevole. Polpo alla gallega, piccante e tenero su un consistente letto di patate lesse, così come vuole la tradizione galiziana. D’accompagnamento verdure alla griglia e una bottiglia ben consigliata di Rosè Negroamaro L’Astore, servito freddo alla perfezione.

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polpo alla gallega

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guazzetto di polpo e cous cous

Cucina fresca e semplice, materie prime di qualità, buon vino, servizio pronto e cordiale. Aperitivo con tapas, cinque portate e un’ottima bottiglia di vino, circa 35 euro a testa. Palato e umore pienamente soddisfatti.

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Pescheria San Gervasio, Via Belvedere 13/d

tel. 051.262189

chiuso domenica e lunedì

www.pescheriasangervasio.it

facebook

Nei dintorni:

il Mercato delle Erbe, i portici del centro, un notevole dipinto di Ludovico Carracci nella Chiesa dei Filippini di Via Manzoni, il magnifico Voltone del Podestà su Piazza Maggiore.

La leggenda degli Gnocchi Straordinari. Settignano: la Sosta del Rossellino.

21 Apr

Quest’oggi sono francamente tentato di iniziarvi ad un miracolo. Un miracolo che Jules Winnfield troverebbe ancor più sbalorditivo della trasformazione della Coca in Pepsi. Sto parlando degli gnocchi più buoni del mondo.
Liberi di non crederci e di bofonchiare “see figurati quelli di mia nonna son molto più…”, ma se avrete l’ardire di recarvi fino a Settignano, sulle colline che incoronano Firenze, dovrete riconoscere che in me alberga il Vero e sarete testimoni di un’esperienza mistica, che eleverà il vostro palato a nuovi livelli di Conoscenza.

Era una sera di marzo piovosa quando io e Sancho Polenta ci imbattemmo, a Settignano, appunto, nella Sosta del Rossellino: enoteca e osteria ricavata in un’antica casa in collina, dal cui terrazzo si può godere, alla sera, di tutta la piana fiorentina illuminata. E già questo varrebbe una gita.

Camino acceso, ambiente familiare, dove sedersi circondati da pregiate bottiglie di chianti, fiaschi e mobili antichi.

Il titolare, Damiano Miniera, per sua stessa ammissione uomo di-vino e di cucina, esprime una cordialità talmente avvolgente da risultare quasi soffocante: un vero studioso di enogastronomia che “deve” coinvolgerti nella sua eterna recherche della perfezione gastronomica.

Gnocchi, dicevamo. Ma prima panzanelle siciliane (che rivelano l’origine della famiglia Miniera), una caponatina di melanzane quasi emozionante, ottimi salumi toscani (che io considero troppo speziati, ma son gusti) e poi delle magnifiche, e sottolineo magnifiche Tagliatelle al Sauternes.

Questi piatti, uniti alla convivialità dell’ambiente e allo splendore del panorama (di cui nei secoli si invaghì tanto il Boccaccio quanto il Rapagnetta, per gli amici D’Annunzio, che qui acquistò la famosa Villa della Capponcina) sarebbero sufficienti per appagare anche il più rigoroso censore.

Ma qui arriva il bello. Il sig Miniera da decenni studia la ricetta degli gnocchi perfetti, che vengono serviti con castelmagno e tartufo. Niente farina: a seconda della stagione vengono utilizzate patate molto stagionate (più ricche di amido), che, fatte bollire meno del dovuto, mantengono quella “collosità” che permette di confezionare gnocchi di sole patate e nient’altro. Detta così sembra facile, vi assicuro che è una ricetta che sfida le basilari leggi della chimica e della fisica.

Gli gnocchi senza farina, oltre ad avere un gusto mai provato prima, sono anche altamente digeribili, e infatti dopo due ore, nonostante ne avessimo scofanato una greppia, io e Sancho eravamo nuovamente affamati…

Andateci: mangiate gli gnocchi e sentitevi partecipi di una piccola opera d’arte.

Il prezzo? 30 euro circa compresi vini.

http://www.rossellino.com

Ristoranti Firenze: l’Osteria Santo Spirito

5 Apr

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Sciacquiamo i panni in Arno prima di tornare al contest “Roma VS Milano”. Firenze è una città superdotata non solo a livello artistico ma anche a livello culinario (si vabbeh, bella scoperta…). Il problema è che decenni di turismo invasivo e massificato hanno, forse ancor più che a Roma (e quindi siamo a livelli da guinness) imbarbarito e appiattito l’offerta gastronomica di una città che tradizionalmente offre ingredienti di base straordinari, in primis olio, pane, legumi e carni.

Purtroppo generazioni di ignavi, che Dante avrebbe senza dubbio gettato nel III girone, hanno snobbato la Pappa al Pomodoro, i crostini di fegato, la Fettunta e la Ribollita per concentrarsi su squallidi ibridi che hanno generato mostri a causa dei quali ogni visita a Firenze rischia di trasformarsi in un incubo palatale.

Poco tempo fa io e il mio fedele Sancho Panza Polenta siamo stati per due settimane a Firenze e abbiamo testato alcune piacevolissime e non scontate Verità.

La prima è l’Osteria Santo Spirito, che, strano a dirsi, è a50 metridalla Chiesa di Santo Spirito in Oltrarno.

L’Oltrarno non è solo Palazzo Pitti, ma anche vicoletti, bar duri e puri, cantine e osterie. L’Osteria Santo Spirito ti accoglie in un ambiente raccolto e piuttosto intimo.
Bancone all’ingresso e cucina a vista dove vediamo all’opera la giovane chef (che ripropone rigorosamente le ricette tradizionali di casa sua): pochi tavoli a pian terreno e un’altra manciata al piano superiore. Arredamento di gusto con slanci di carattere naive, luci non invasive: insomma un buon posto per festeggiare un’occasione a due o anche dove sedersi da soli a bere un chianti con un libro di fianco.

Ma passiamo alla cucina.

Sancho Panza Polenta, si lancia sognante su una Ribollita, la cui maiuscola deve far capire le sue qualità. L’ho assaggiata e vi invito a fare altrettanto.

Io, siccome eravamo a pranzo e volevo stare leggero, cautamente scelgo le salsiccine di cinghiale con pomodorini secchi e pecorino: tutti ottimi prodotti.

Per dare una “rotondità” al pomeriggio lavorativo ho poi optato per i “rigatoni Santo Spirito con salsa di pomodoro e ricotta salata”: la pasta al pomodoro è una delle ricette più facili da sbagliare. Qui non hanno sbagliato: rigatoni al dente, salsa molto concentrata, basilico profumatissimo e nevicata di ricotta. Porzione da carrettiere. Approvata con lode.

Giusto per assaggiarla abbiamo poi tentato la via di una tagliata con rucola (checcazzo siamo a Firenze…): carne tenerissima, al sangue (ovvio che se uno la chiede ben cotta potrebbe pagarne le conseguenze), succosa. Ottima, nulla da ridire e, per una volta tanto servita con coltelli degni di questo nome e non con arnesi più adatti per spalmare lo stucco sulle pareti.

Per chiudere e alzarci da tavola belli energici, abbiamo supplicato (finita la nostra boccia di Chianti Villa Mangiacane), un tortino caldo di cioccolata con salsa e fragole, una piccola chiccheria, quasi una perversione sessuale, accompagnata da due grappe barricate Tignanello.

Prezzo: non regalano (anche se antipasti e primi sono molto competitivi), ma rispetto alla media di Firenze , tutta la vita, specialmente per la qualità delle materie prime e la cura globale, dalla preparazione, alla presentazione fino al servizio. Comunque, carta canta, qui http://www.osteriasantospirito.it , trovate il menù con i prezzi.

Devo confessarvi che quel pomeriggio di marzo la mia produttività lavorativa fu leggermente in flessione rispetto alla media…

Ristoranti Milano: trattoria “la Madonnina”. Nomen omen?

4 Apr

Mettiamola così: se non me l’avesse consigliato un amico, riconosciuto ardito del bicchiere e grande bomber dei bolliti, alla Madonnina sarei entrato un po’ con i piedi di piombo.

Si perché nella Grande Milano sono proliferate, negli ultimi anni, decine di sedicenti osterie e trattorie “old fashioned”: una lambretta parcheggiata all’ingresso, una foto autografata da Oriali vicino alla porta della cucina, una bella targhetta “vietato sputare per terra” sulla porta del cesso e via. Poi, se ti va bene (e ne ho una bella lista da recensire), ti portano gli sfogliavelo rana col sugo alle noci con la cerimoniosità che nemmeno mia prozia Cleonice sfoderava quando serviva la sua celeberrima “bomba di riso coi fegatini”.

La Madonnina è in via Gentilino, traversa di San Gottardo (zona navigli per chi non conosce milano) e si nota difficilmente: al sabato poi parcheggiare è un casino e se non avete prenotato evitate il viaggio a vuoto.

Se conoscete la via e vi ricordate di prenotare, andateci.

Il posto, come accennavo prima, è un misto tra il vecchio bar di paese col bancone legno e acciaio e l’osteria ripulita: i gestori sono cordiali e sembrano (e probabilmente sono) degli ex sessantottini.

A tavola eravamo in sei reduci da un trasloco e considerando che il più minuto ero io (183 x 83), eravamo pronti a dare battaglia e a ridurre in brandelli le tovaglie quadrettate d’ordinanza.

Bene, ci hanno accontentato.

Risotto alla milanese: buono, al dente e non troppo asciutto, porzione di tutto rispetto

Stracotto d’asinina con polenta: ottimo, asinina stracotta nel vino al punto giusto e carne molto tenera

Cassoela con polenta: folla in delirio. Una carriolata di cassoeula fatta veramente come si deve, con cotiche, costine, piedini, verze e compagnia bella. Un piatto non adatto a tutti, ma chi è in grado di apprezzare tornerà alla Madonnina.

Vino: lambrusco Marcello (Parma)

Dolci: gli assassini del tavolo a fianco ci hanno fregato le ultime porzioni di tiramisù e si sono dileguati. Alcuni dei miei eroici commensali hanno ripiegato sulla crostata: considerando lo sguardo languido e la voracità, immagino fosse interessante…

E’ stata una vera e propria “cena trimalchionis”, terminata con una session di grappe (nonino bianca, niente di pregiato, ma va bene così). La spesa: 35 euro pro capite, assolutamente nulla da ridire. Torneremo.

Locale assolutamente non adatto ai maniaci della dieta, della cucina fusion a tutti i costi, ai deboli di stomaco.

Malice's Craftland

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