Mettiamola così: se non me l’avesse consigliato un amico, riconosciuto ardito del bicchiere e grande bomber dei bolliti, alla Madonnina sarei entrato un po’ con i piedi di piombo.
Si perché nella Grande Milano sono proliferate, negli ultimi anni, decine di sedicenti osterie e trattorie “old fashioned”: una lambretta parcheggiata all’ingresso, una foto autografata da Oriali vicino alla porta della cucina, una bella targhetta “vietato sputare per terra” sulla porta del cesso e via. Poi, se ti va bene (e ne ho una bella lista da recensire), ti portano gli sfogliavelo rana col sugo alle noci con la cerimoniosità che nemmeno mia prozia Cleonice sfoderava quando serviva la sua celeberrima “bomba di riso coi fegatini”.
La Madonnina è in via Gentilino, traversa di San Gottardo (zona navigli per chi non conosce milano) e si nota difficilmente: al sabato poi parcheggiare è un casino e se non avete prenotato evitate il viaggio a vuoto.
Se conoscete la via e vi ricordate di prenotare, andateci.
Il posto, come accennavo prima, è un misto tra il vecchio bar di paese col bancone legno e acciaio e l’osteria ripulita: i gestori sono cordiali e sembrano (e probabilmente sono) degli ex sessantottini.
A tavola eravamo in sei reduci da un trasloco e considerando che il più minuto ero io (183 x 83), eravamo pronti a dare battaglia e a ridurre in brandelli le tovaglie quadrettate d’ordinanza.
Bene, ci hanno accontentato.
Risotto alla milanese: buono, al dente e non troppo asciutto, porzione di tutto rispetto
Stracotto d’asinina con polenta: ottimo, asinina stracotta nel vino al punto giusto e carne molto tenera
Cassoela con polenta: folla in delirio. Una carriolata di cassoeula fatta veramente come si deve, con cotiche, costine, piedini, verze e compagnia bella. Un piatto non adatto a tutti, ma chi è in grado di apprezzare tornerà alla Madonnina.
Vino: lambrusco Marcello (Parma)
Dolci: gli assassini del tavolo a fianco ci hanno fregato le ultime porzioni di tiramisù e si sono dileguati. Alcuni dei miei eroici commensali hanno ripiegato sulla crostata: considerando lo sguardo languido e la voracità, immagino fosse interessante…
E’ stata una vera e propria “cena trimalchionis”, terminata con una session di grappe (nonino bianca, niente di pregiato, ma va bene così). La spesa: 35 euro pro capite, assolutamente nulla da ridire. Torneremo.
Locale assolutamente non adatto ai maniaci della dieta, della cucina fusion a tutti i costi, ai deboli di stomaco.
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